La pergamena bianca

L’evento


Nell’estate del 1460 il regno di Ferrante I d’Aragona era in pericolo: il Re, dopo essere stato sbaragliato con il suo esercito a Sarno dagli angioini il 7 luglio, si era dovuto rifugiare in Napoli. Giovanni d’Angiò aveva inoltre ottenuto l’appoggio di diversi baroni e città che si erano ribellati a Ferrante. È in questo contesto che, tra il 19 e il 28 agosto, la Città de la Cava visse uno dei momenti più difficili ed eroici della sua storia.

I cavesi si erano rifugiati nei borghi più facilmente difendibili e dominavano dall’alto gli stretti punti d’accesso alla vallata, scoraggiando i comandanti angioini dal prendere la città con la forza e facendoli propendere per una più paziente strategia: distruggere le coltivazioni, facendo il maggior danno possibile, finché i cavesi non si fossero arresi.

Questa strategia si chiamava “guasto” e comportava enormi perdite economiche e, per tale ragione, chi la subiva preferiva arrendersi per evitare o contenere i danni. I cavesi invece rifiutarono dapprima il tentativo di “comprare” la resa della città e, successivamente, risposero all’angioino che sarebbero rimasti fedeli a Ferrante anche sotto la minaccia del “guasto”.

In parte il De Bello Napoletano del Pontano ricorda ciò che accadde: “Intanto Giovanni e i Baroni, avendo deciso di occupare Cava, per poco non andarono incontro ad una tremenda strage. Questa è posta e sparsa fra i monti, distribuita per casali. Copiosa di abitanti, è difesa dalla configurazione naturale. Intanto i Cavesi, lasciati i casali, si ritirarono nei luoghi più alti, dove, essendosi consigliati se dovessero accettare o respingere l’assedio, decisero di assaltare di notte l’accampamento degli invasori. Infatti abbondavano di armati ed erano certi di potersi mettere in salvo in ogni tempo. E il piano avrebbe avuto il suo effetto, se una spia non lo avesse rivelato agli assedianti, i quali, subito si allontanarono”.

La devastazione delle coltivazioni fu caratterizzata invece da numerosi attacchi da parte dei cavesi a danno dei propri nemici finché, arrivati a Cava i fanti inviati da Ferrante, i comandanti militari angioini tolsero l’assedio ritirandosi in Sarno. Questi eventi vengono richiamati nella lettera di accompagnamento la “Pergamena Bianca”, vale a dire il privilegio in bianco che re Ferrante aveva consegnato il 4 settembre 1460 e sul quale il popolo cavese avrebbe potuto indicare le proprie richieste ma che, in segno di fedeltà, fu invece volutamente lasciato immacolato.